Cosa significa oggi tracciare un confine?
È un atto di protezione o di chiusura? Di definizione o di esclusione? Quali limiti scegliamo di riconoscere, e quali di oltrepassare?
A Taobuk 2025 il concetto di confine diventa il centro di un’esplorazione collettiva, tra letteratura, arte, scienza e pensiero critico.
Tema e manifesto XV edizione I confini
Errante per vocazione, Don Chisciotte è l’alter ego ideale di Mimmo Paladino, che ha scelto di affidargli il volto simbolico della XV edizione di Taobuk, dedicata al tema Confini. Come il cavaliere dalla visione eccentrica e tenace, Paladino attraversa territori e linguaggi senza cercare un approdo definitivo: la sua arte nasce dal bisogno di sconfinare, di muoversi oltre i perimetri dell’abitudine, di abitare spazi aperti. Il suo Don Chisciotte diventa così emblema di un’erranza consapevole, che non teme lo smarrimento ma lo elegge a metodo, nel segno di un’inquietudine creativa che riconosce nel confine non un limite, ma un varco.

È a partire da questa immagine – il cavaliere che attraversa mondi – che prende forma la riflessione di Taobuk 2025.
In un’epoca che ci impone di conciliare esigenze apparentemente inconciliabili – identità e pluralismo, sicurezza e apertura, empatia e riservatezza – il confine si configura come un dispositivo dinamico, che ci costringe a ridefinire continuamente il nostro posto nel mondo. Se un tempo la demarcazione era intesa come barriera invalicabile, oggi può essere risignificata come spazio di dialogo, di attraversamento, di contaminazione.
Già l’etimologia latina (cum-finis) suggerisce questa ambivalenza: il confine non è solo ciò che divide, ma anche ciò che si ha in comune. È una linea – talvolta netta, talvolta incerta – che separa e, allo stesso tempo, mette in relazione. Un dispositivo paradossale, come osservava Paul Valéry, che assume la forma di una soglia: esiste, ma può essere attraversata. E proprio in questo spazio liminare, che non appartiene interamente né all’uno né all’altro, si apre la possibilità del cambiamento.
È su questa complessità che si concentra la riflessione della XV edizione di Taobuk, che affida al tema confini il cuore di un’indagine interdisciplinare – letteraria e artistica, filosofica e scientifica – condotta da alcune tra le voci più autorevoli del panorama culturale internazionale.
Ci sono confini che mutano nel tempo, nella storia e nella coscienza collettiva. Javier Cercas, tra gli ospiti di questa edizione, ha saputo raccontare nelle sue opere quella zona grigia in cui memoria e oblio, responsabilità e ambiguità si contendono la narrazione del passato. Una soglia, quella tra verità e finzione, che attraversa anche la scrittura di Zadie Smith, dove le identità si modellano nel confronto – talvolta aspro, talvolta fecondo – tra lingue, culture, appartenenze.
Ma il confine è anche esperienza personale, dimensione intima. Nei romanzi di Peter Cameron, l’adolescenza e la solitudine diventano territori di passaggio, momenti in cui l’io si ridefinisce nel rapporto con l’altro. Un movimento simile attraversa l’opera di Amélie Nothomb, che ha fatto dell’identità una materia fluida e mutevole, da reinventare costantemente, dissolvendo i margini tra autobiografia e finzione, corpo e maschera, realtà e rappresentazione.
Il confine, tuttavia, non riguarda soltanto la dimensione individuale. È anche lo spazio in cui si articolano le relazioni sociali e politiche, l’appartenenza a una comunità, l’idea stessa di cittadinanza. La filosofia contemporanea – da Lévinas a Recalcati – ha mostrato come il confine non sia solo ciò che delimita, ma anche ciò che espone alla responsabilità. Massimo Recalcati, con il suo pensiero, ha esplorato questi margini: l’amore, l’odio, la legge, forze che definiscono ma insieme aprono, orientano, mettono in relazione.
Anche le arti performative – nelle loro diverse espressioni – interrogano costantemente i confini tra ciò che è e ciò che appare. Pierfrancesco Favino, tra gli attori più autorevoli del panorama europeo, incarna questa tensione continua tra persona e personaggio, tra identità pubblica e intimità. Una dialettica che si ritrova, per altri versi, nell’intensità interpretativa di Monica Guerritore, che ha spesso portato in scena figure femminili poste sul limite tra passione e inquietudine, scavando nei confini tra corpo e parola.
Allo stesso modo, Whoopi Goldberg – attrice, produttrice, autrice – ha saputo oltrepassare barriere culturali e identitarie, imponendosi come figura simbolica in grado di coniugare talento artistico e voce sociale.
Ramin Bahrami, tra i più apprezzati interpreti di Bach a livello internazionale, fa della musica un luogo di passaggio tra mondi: tra l’Iran delle origini e l’Europa dell’adozione, tra la spiritualità e la disciplina formale, tra il silenzio e l’ascolto.
Gabriele Salvatores, regista dell’altrove e della fuga, ha invece saputo rappresentare sullo schermo quegli spazi di transizione dove la realtà si mescola all’immaginazione, restituendo una visione poetica del margine.
Esistono poi confini imposti, che segnano i corpi e le vite: barriere fisiche, politiche o simboliche, spesso vissute come esperienze di esclusione o costrizione. L’opera di Ai Weiwei si muove proprio su questa soglia, trasformando l’esperienza dell’esilio e della censura in una riflessione universale sul rapporto tra libertà e potere, tra identità e controllo. I suoi lavori non si limitano a denunciare: aprono spazi, creano varchi, rendono possibile il passaggio.
Non meno attuali sono i confini imposti dalla scienza e dalla tecnologia. Dove si colloca oggi la soglia tra umano e artificiale? Quali limiti etici si delineano nel rapporto con l’intelligenza artificiale, la biotecnologia, la robotica? A questi interrogativi risponde la sezione Taobuk AI Edition, che raccoglie il confronto tra scienziati, filosofi, giuristi e innovatori – tra cui Luciano Floridi, Carlo Ratti, Cosimo Accoto, Giorgio Metta e Oreste Pollicino – chiamati a riflettere sulle nuove forme di confine e sulle responsabilità che ne derivano.
E infine, il Mediterraneo. E la Sicilia. Isola dai limiti segnati dal mare, ma anche da sempre attraversata da civiltà, lingue, saperi. Luogo di approdi e di metamorfosi, la Sicilia è laboratorio vivente di una storia che ha saputo trasformare il confine in pluralità, il margine in sintesi. È qui, nel tessuto arabo-normanno riconosciuto dall’UNESCO, nella stratificazione culturale che la abita, che il confine mostra il suo volto più fertile: quello di uno spazio da abitare con intelligenza, comprensione e immaginazione.
Lo stesso spazio che Taobuk, dal 2011, si impegna ad attraversare, a interrogare, a raccontare.